(Chambéry 1753 - Torino 1821) scrittore francese. Educato dai gesuiti, fu costretto più volte all’esilio dalle vicende della sua piccola patria, lo stato sardo. Fu magistrato e ministro plenipotenziario in Russia del re Vittorio Emanuele I. Venne dapprima accolto con favore dallo zar, ma la sua propaganda cattolica antilluminista e antiortodossa provocò poi il suo richiamo a Torino. I suoi libri più importanti, notevoli fra l’altro per l’influenza che vi si rintraccia delle forme di irrazionalismo e di misticismo dell’ultimo Settecento francese, sono: Considerazioni sulla Francia (Considérations sur la France, 1796), in cui esprime le sue acerbe critiche alla rivoluzione del 1789; Del Papa (Du Pape, 1819) che affronta il problema dei rapporti dell’autorità spirituale della chiesa con il potere temporale, e Le serate di Pietroburgo (Les soirées de Saint-Pétersbourg, 1821). Nei tre personaggi delle Serate, il senatore, il conte e il cavaliere, sono da ravvisare le tre forme diverse del suo spirito. J. de M. è forse il più interessante fra i pensatori avversi alla rivoluzione francese. Scrittore elegante e forbito, sentì profondamente il lato religioso della politica; nella storia vedeva il regno dell’irrazionale, nell’uomo il soggetto della espiazione di una colpa originale e del male; soltanto la Provvidenza può conferire un ordine logico al disordine della lotta politica. Tra i primi a rivalutare il medioevo, nei suoi scritti si trovano, inoltre, anticipazioni del modernismo religioso e delle idee nazionaliste.